Il teatro dei pupi è insertito dal 2001 nell’elenco dei Beni immateriali dell’umanità perché rispecchia l’identità di un paese e di un popolo.
Ne abbiamo avuto prova al Festival Internazionale del Cinema di Frontiera 2016 che si è concluso recentemente a Marzamemi, dove i pupi di Cuticchio si sono esibiti insieme alla Scuola Poetica Siciliana ricevendo un grande riscontro da parte del pubblico. Quella del Teatro dei Pupi è una delle attestazioni di arte e cultura popolare che ancora sopravvive nella Sicilia contemporanea.
Leggiamo, su un interessante articolo pubblicato dall’ Università di Messina, che lo studioso palermitano del folclore e della cultura popolare Giuseppe Pitrè fissava la nascita dell’Opera dei Pupi nella prima metà dell’Ottocento anche se è da ricondurre al XVI secolo lo sviluppo di questa particolare forma teatrale.
Altri invece reputavano che l’abilità dei pupari provenisse dalla maestria di alcuni siracusani, attivi già al tempo di Socrate e Senofonte, nel costruire e far muovere marionette.
C’è da dire che questa forma di spettacolo, tanto apprezzata sin dall’800, ha avuto due grossi periodi di crisi nel corso della sua storia. Infatti, sempre nello stesso estratto leggiamo che la prima crisi del teatro dei pupi si è manifestata intorno agli anni trenta, parallelamente alla diffusione del cinema; tuttavia fu superata facilmente, poiché gli operanti continuarono ad aumentare.
La seconda grande crisi si verificò negli anni ’50 con l’arrivo della televisione seguito da un diffuso disinteresse per questa forma di teatro popolare e per il suo repertorio, per il rifiuto verso un modello e un codice di comportamento in cui la gente non si riconosce più. L’opera dei pupi coincide per le classi più umili con un passato di stenti, da superare ad ogni costo e da dimenticare. I quartieri popolari si cominciano a spopolare, molti teatrini vengono smembrati e svenduti; i figli dei pupari si dedicano ad altri mestieri. Dunque, il mondo dell’opra si spezza e l’inettitudine della politica culturale disperde i pupari.
Solamente Giacomo Cuticchio riesce a coinvolgere nel suo lavoro la famiglia, ma soprattutto il figlio maggiore , Mimmo, che lo segue più degli altri nei paesini della Sicilia, dove Giacomo continua a rappresentare il lungo ciclo della Storia dei Paladini di Francia sera dopo sera, fino al 1969.
Oggi la tradizione continua e allieta ancora il pubblico come allora, nonostante internet e il conseguente disabituarsi a queste forme di intrattenimento.
Eppure il fascino dell’opera dei pupi e l’apprezzamento del pubblico rimane immutato…