Di proprietà del Cavaliere Pietro Bruno di Belmonte, la Tonnara di Portopalo di Capo Passero è uno splendido monumento di archeologia industriale.
La loggia e lo stabilimento per la lavorazione del tonno, la grande fornace, i magazzini delle botti (o del sale), la chiesa del XVII secolo: qui giungevano i tonni che, macellati e lavorati, hanno costituito nel corso dei secoli una fondamentale risorsa economica per tutta la popolazione del luogo.
Quando la tonnara era ancora in attività, già ai primi di marzo iniziavano i lavori di manutenzione delle grandi imbarcazioni di quercia , di quasi venti metri, che, custodite in grandi magazzini durante il periodo invernale, venivano ora tirate fuori per l’impeciatura delle chiglie.
Venivano inoltre controllate e, nel caso, riparate le pesanti reti. Le grandi ancore, piazzate opportunamente sul fondo, formavano una sorta di passaggio obbligatorio per condurre i tonni nella camera della morte.
Alla fine della mattanza si tornava a riva per scaricare il pescato: i tonni, trasportati con dei carrelli, venivano condotti in una grande sala per essere sventrati e puliti.
Poi si passava alla bollitura, in forni adatti, e, infine, alla conservazione con olio d’oliva.
La tonnara di Portopalo, cosi come quella di Marzamemi, era una tonnara di ritorno.
Il diritto di pesca da cui origina l’attuale tonnara risale al periodo medievale, concesso come baronia feudale sottoposta a investitura, vassallaggio e obbligo di equipaggiare un cavallo armato ogni venti onze di reddito. I possessori dovevano dare in gabella l’esercizio a mercanti, interessati perché avevano la possibilità di ottenere guadagni consistenti con pochissimi impegni finanziari. La tonnara venne “calata” con cadenza annuale fino al 1969.